venerdì 13 marzo 2015

Il mito di Orfeo ed Euridice





Orfeo, il più famoso poeta e musicista che la storia abbia mai avuto, che non aveva eguali tra uomini e dei era figlio di Eagro, re della Tracia e della musa Calliope (o secondo altri di Apollo e di Calliope).







Il Dio Apollo un giorno gli donò una lira e le muse gli insegnarono a usarla e divenne talmente abile che lo stesso Seneca narra (Ercole sul monte Oeta): "Alla musica dolce di Orfeo, cessava il fragore del rapido torrente, e l'acqua fugace, obliosa di proseguire il cammino, perdeva il suo impeto ... Le selve inerti si movevano conducendo sugli alberi gli uccelli; o se qualcuno di questi volava, commuovendosi nell'ascoltare il dolce canto, perdeva le forze e cadeva ... Le Driadi, uscendo dalle loro querce, si affrettavano verso il cantore, e perfino le belve accorrevano dalle loro tane al melodioso canto (...)".

Acquistò una tale padronanza dello strumento che aggiunse anche altre due corde portando a nove il loro numero per avere una melodia più soave.








Come prima grande impresa Orfeo partecipò alla spedizioni degli Argonauti e quando la nave Argo giunse in prossimità dell'isola delle Sirene, fu grazie a Orfeo e alla sua cetra che gli argonauti riuscirono a non cedere alle insidie nascoste nel canto delle sirene.








Ogni creature amava Orfeo ed era incantata dalla sua musica e dalla sua poesia ma Orfeo aveva occhi solo per una donna: Euridice, figlia di Nereo e di Doride che divenne sua sposa. Il destino però non aveva previsto per loro un amore duraturo infatti un giorno la bellezza di Euridice fece ardere il cuore di Aristeo che si innamorò di lei e cercò di sedurla. La fanciulla per sfuggire alle sue insistenze si mise a correre ma ebbe la sfortuna di calpestare un serpente nascosto nell'erba che la morsicò, provocandone la morte istantanea.

Narra Pindemonte (Epistole: "A Giovani Pozzo"): "Tra l'alta erba non vide orrido serpe che del candido piè morte le impresse."









Orfeo, impazzito dal dolore e non riuscendo a concepire la propria vita senza la sua sposa decise di scendere nell'Ade per cercare di strapparla dal regno dei morti. Convinse con la sua musica Caronte a traghettarlo sull'altra riva dello Stige; il cane Cerbero e i giudici dei morti a farlo passare e nonostante fosse circondato da anime dannate che tentavano in tutti i modi di ghermirlo, riuscì a giungere alla presenza di Ade e Persefone.








Una volta giunto al loro cospetto, Orfeo iniziò a suonare e a cantare la sua disperazione e solitudine e le sue melodie erano così piene di dolore e di disperazione che gli stessi signori degli inferi si commossero; le Erinni piansero; la ruota di Issione si fermò e i perfidi avvoltoi che divoravano il fegato di Tizio non ebbero il coraggio di continuare nel loro macabro compito. Anche Tantalo dimenticò la sua sete e per la prima volta nell'oltretomba si conobbe la pietà come narra Ovidio nelle Metamorfosi (X, 41-63).








Fu così che fu concesso a Orfeo di ricondurre Euridice nel regno dei vivi a condizione che durante il viaggio verso la terra la precedesse e non si voltasse a guardarla fino a quando non fossero giunti alla luce del sole.

Narra Ovidio nelle Metamorfosi (X, 41-63). "(...) Nè la regale sposa, nè colui che governa l'abisso opposero rifiuto all'infelice che li pregava e richiamarono Euridice. Costei che si trovava tra le ombre dei morti da poco tempo, si avanzò, camminando a passo lento per causa della ferita. Il tracio Orfeo la riebbe,a patto che non si voltasse indietro a guardarla prima di essere uscito dalla valle infernale (...)"

Orfeo, presa così per mano la sua sposa iniziò il suo cammino verso la luce.








Durante il viaggio, un sospetto cominciò a farsi strada nella sua mente pensando di condurre per mano un'ombra e non Euridice. Dimenticando così la promessa fatta si voltò a guardarla ma nello stesso istante in cui i suoi occhi si posarono sul suo volto Euridice svanì, e Orfeo assistette impotente alla sua morte per la seconda volta.


Narra Ovidio nelle Metamoforsi (X, 61-63): "Ed Ella, morendo per la seconda volta, non si lamentò; e di che cosa avrebbe infatti dovuto lagnarsi se non d'essere troppo amata? Porse al marito l'estremo addio, che Orfeo a stento riuscì ad afferrare, e ripiombò di nuovo nel luogo donde s'era mossa"









Invano Orfeo per sette giorni cercò di convincere Caronte a condurlo nuovamente alla presenza del signore degli inferi ma questi per tutta risposta lo ricacciò alla luce della vita.

 Allora Orfeo si rifugiò sul monte Rodope, in Tracia, trascorrendo il tempo in solitudine e nella disperazione. Rifiutava le donne e riceveva solo ragazzi e adolescenti maschi che istruiva all'astinenza e sull'origine del mondo e degli dei.








Una scuola di pensiero vuole invece che Orfeo dopo la discesa nell'Ade e viste le "cose di laggiù" inizio ad adorare Elio (che chiamava Apollo) e non più Dioniso e ogni mattina si svegliava all'alba per accogliere il sorgere del sole. Allora Dioniso istigò le Baccanti che decisero di ucciderlo durante un'orgia bacchica. Arrivato il momento stabilito, si scagliarono contro di lui con furia selvaggia, lo fecero a pezzi e sparsero le sue membra per la campagna gettando la testa nel fiume Ebro.








Esistono altre versioni della morte di Orfeo: si narra che fosse stato Zeus a folgorarlo irritato dal fatto che rivelasse dei misteri che non dovevano essere di pubblico dominio; secondo altri fu Afrodite a istigare le donne Tracie e a suscitare in loro una tale passione che mentre se lo contendevano lo squartarono questo perchè Calliope, la madre di Orfeo, fu chiamata come giudice da Zeus per redimere una disputa tra Afrodite e Persefone per avere le attenzioni di Adone che sentenziò che il giovane stesse per sei mesi con Afrodite e sei mesi con Persefone cosa che aveva fatto infuriare Afrodite.

Disse Virgilio (Georgiche, IV): "... anche allora, mentre il capo di Orfeo, spiccato dal collo bianco come marmo, veniva travolto dai flutti, "Euridice!" ripeteva la voce da sola; e la sua lingua già fredda: "Ah, misera Euridice!" chiamava con la voce spirante; e lungo le sponde del fiume l'eco ripeteva "Euridice"."









Quale che fosse il modo come Orfeo morì è certo che ogni essere del creato pianse la sua morte, le ninfe indossarono una veste nera in segno di lutto e i fiumi si ingrossarono per il troppo pianto.

Le Muse recuperarono le membra di Orfeo e le seppellirono ai piedi del monte Olimpo e ancor oggi, in quel luogo, il canto degli usignoli  è il più soave che in qualunque parte della terra.








Ma gli dei che tutto vedevano e giudicavano, decisero di inviare una tremenda pestilenza in tutta la Tracia per punire il delitto delle Baccanti. La popolazione allo stremo delle forze consultò l'oracolo per sapere come far cessare quella disgrazia e questi sentenziò che per porre fine a tanto dolore era necessario cercare la testa di Orfeo e rendergli gli onori funebri. Fu così che la sua testa venne ritrovata da un pescatore nei pressi della foce del fiume Melete e fu deposta nella grotta di Antissa, sacra a Dioniso. In quel luogo la testa di Orfeo iniziò a profetizzare finchè Apollo, vedendo che i suoi oracoli di Delfi, Grinio e Claro non erano più ascoltati, si recò alla grotta e gridò alla testa di Orfeo di smettere di interferire con il suo culto. Da quel giorno la testa tacque per sempre.
Fu recuperata anche la sua lira che fu portata a Lesbo nel tempio di Apollo che però decise di porla nel cielo in modo che tutti potessero vederla a ricordo del fascino della poesia e delle melodie dello sfortunato Orfeo, alle quali anche la natura si arrendeva, creando la costellazione della Lira.








L'addio tra Orfeo ed Euridice è scolpito su un bellissimo rilievo nel Museo Archeologico di Napoli.
Euridice è al centro della scena, e poggia la sua mano sinistra sulla spalla di Orfeo, con un gesto pieno di tenerezza e rassegnazione. Ma Orfeo è inconsolabile e con la sua mano tocca la mano di lei, una carezza che è anche un inutile tentativo di trattenerla.
Inutile, perché Hermes psycopompos ha intrecciato il suo braccio al braccio destro di lei, e con dolcezza ma anche con determinazione la trattiene accanto a sé: il suo compito sarà riportarla di nuovo, e stavolta per sempre, negli Inferi.
Nemmeno una parola, solo la forza dei gesti per rendere il dolore del distacco tra i due innamorati, e la inevitabilità del destino.





( Immagini dal web )


23 commenti:

  1. Bravissima come sempre, Anto, a narrarci e spiegarci tante cose interessanti! Mi piace tantissimo la tua capacità di ricercare le immagini, che alleggeriscono e rendono più accattivante il testo.
    Buona giornata, cara amica ღ
    PS: ho iniziato a leggere "Colazione da Tiffany"

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    1. Ciao Lella, grazie! Penso che le immagini riescano ad alegerire testi che diversamente potrebbero risultare un po' lunghi e pesanti da leggere.
      Buona giornata e un abbraccio.
      Antonella

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  2. Ammetto che non la sapevo tutta la storia. Ma mi ha affascinato leggerla ma soprattutto leggerla framezzata con le foto che hai messo. Un amore struggente che nel corso dei secoli chissà quante volte si è ripetuto.
    Grazie per l'esposizione.
    Felice w-end
    Paolo

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    1. Sì, una grande storia d'amore. Come scrivevo sopra a Lella, credo che le immagini riescano ad alleggerire e a rendere più accattivante un testo che potrebbe sembrare un po' lungo.
      Ti auguro una serena giornata.
      Antonella

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  3. Ciao Antonella, mi ricordo la prima volta che lessi la storia mitologica di Orfeo ed Euridice, ero una bambina e non capivo come fosse possibile che un uomo consapevole del fatto che voltarsi a guardare la propria amata avrebbe portato a perderla per sempre, l'avesse fatto ugualmente; mi sembrava talmente stupido.
    Bellissimo post, un abbraccio !

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    1. Ciao Sciarada, l'ho pensato anch'io e più di una volta e non capivo, ora so che quando un sospetto si insinua nella mente dell'uomo lavora come un tarlo e nè la consapevolezza di future disgrazie nè le condizioni accettate lo fermano....e si cade in una trappola.
      Un abbraccio.
      Antonella

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  4. Cara Antonella, che post grandioso, che parla di tante cose che ignoravo del tutto!!!
    Non posso che dirti forte! GRAZIE DI VERO CUORE CARA AMICA!!!
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio.
    Tomaso

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    1. Ciao Tomaso, grazie di cuore a te di seguirmi sempre con tanta attenzione.
      Un abbraccio
      Antonella

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  5. Ciao Antonella,
    ah...quanto amo i miti!!! e tu lo sai bene :D
    Ovviamente conoscevo il mito di Orfeo e Euridice, però devo dire che leggere il tuo post è stato molto bello perchè era impreziosito da tante cose interessanti che solitamente non ci sono nei normali libri suoi miti o almeno nei miei.
    un abbraccione, buon fine settimana e grazie per questa bella storia

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    1. Grazie a te Audrey di averla apprezzata. La mitologia è un'altra delle nostre passioni in comune.
      Un bacione.
      Antonella

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  6. Ciao carissima, questo post merita di leggerlo più di una volta, amo la mitologia e ti ringrazio.
    Scusa la mia scarsa partecipazione al tuo blog, tu sei e rimani sempre una dolcissima Amica, che viene sempre a trovarmi, grazie di cuore :-)

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    1. Ciao Luisa, non ti preoccupare, purtroppo ci sono sempre tante cose da fare e non sempre riusciamo a seguire i blog amici come vorremmo. Grazie a te per essere passata di qui, per me è sempre un piacere incontrarti.
      Un abbraccio.
      Antonella

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  7. Realtà o fantasia, storia o leggenda ? forse l'una e l'altra in un mondo che conosceva la crudeltà e la tenerezza dei sentimenti.
    Da allora siamo forse regrediti e la crudeltà ha forse preso il sopravvento?

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    1. Ciao Costantino, bella la tua considerazione....il mondo del mito, è vero, conosceva la crudeltà ma anche l'altissimo valore dei sentimenti. Con grande rammarico devo dire che penso che oggi la crudeltà abbia preso il sopravvento.
      Ti auguro una felice giornata.
      Antonella
      Antonella

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  8. E' il mito che preferisco,quello di Orfeo e Euridice,fin da piccola,e il tuo racconto dettagliatissimo e ricco di immagini così varie e belle,lo hanno fatto rivivere stupendamente.
    Le statue di quale artista sono?

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    1. Grazie Michela, sono davvero contenta che ti sia piaciuto. La scultura è Orfeo ed Euridice del Canova, Museo
      Correr a Venezia. Secondo me è bellissima.
      Un abbraccio.
      Antonella

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  9. Cara Antonella, questi tuoi magnifici e dotti post devono costarti una grande fatica di ricerca, di documentazione e di elaborazione. Ne nasce un risultato colto e ammirevole sempre. Complimenti..

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    1. Grazie Ambra, ti ringrazio davvero tanto. In realtà il blog occupa molto del mio tempo libero, mi piace ricercare, documentarmi e riproporre quello che mi piace anche se non sempre ho il tempo di occuparmene come vorrei. Mi fa comunque piacere che queste piccole cose che pubblico vengano apprezzate.
      Ti auguro una buona serata.
      Antonella

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  10. Cara Antonella condivido ciò che ha scritto Ambra e ti faccio i più vivi complimenti.
    Ciao

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    1. Grazie Cettina, come scrivevo ad Ambra il lavoro di ricerca mi piace molto, purtroppo a volte è il tempo per dedicarmi a queste cose che manca...
      Un abbraccio e grazie.
      Antonella

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  11. Adoro la mitologia greca! Questa è una delle mie storie preferite! Una delle storie più tristi, il fatto di veder morire una persona una volta è tremendo ma vederla scomparire davanti a sé per la seconda volta è struggente. Spero che ne posterai altre!
    A presto .. Dream Teller ^^

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    1. Ciao, felice che ti sia piaciuto. Hai ragione il fatto di perdere due volte la stessa persona rappresenta un dolore senza fine, eterno. Nel blog c'è tutta una rubrica dedicata al mito, la trovi qui a fianco oppure in alto, sotto il titolo del blog, sotto l'etichetta " Viaggio nel Mito "
      Un abbraccio.
      Antonella

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  12. Per caso sono arrivata qui , ed è stato piacevole leggere la mitica storia di Orfeo (sulla quale ho composto alcuni versi che pubblicherò sul mio blog).
    Nello stesso tempo mi ha riportato sui banchi del liceo, la mitologia greca ha sempre il suo fascino.
    Ciao Rakel

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Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")